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Con “Lifehand” il primo collegamento “puro” tra cervello e mano biomeccatronica a 5 dita indipendenti

Publication date: 04.12.2009
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A Roma sono stati presentati i risultati del progetto di ricerca LifeHand, durante una conferenza stampa presso il Campus Biomedico. Per la prima volta al mondo un paziente amputato della mano sinistra è riuscito a realizzare in modo ripetuto e prolungato tre movimenti con una protesi biomeccatronica a cinque dita indipendenti (pugno, pinza e movimento del mignolo), utilizzando unicamente impulsi cerebrali trasmessi attraverso elettrodi neurali, impiantati nei nervi mediano e ulnare del paziente.

“Abbiamo deciso di realizzare l’impianto degli elettrodi e la sperimentazione della mano su uomo – ha precisato il prof. Paolo Dario, Direttore del Polo Sant’Anna Valdera della Scuola Superiore Sant’Anna – solo quando abbiamo raggiunto fondate ragioni per affermare che questo non sarebbe stato solo un esperimento nell’interesse del sapere scientifico, ma una sperimentazione in vista di una reale applicazione clinica. Per questo ho fiducia nei prossimi passi verso una protesi definitiva”. La mano biomeccatronica, sviluppata nei laboratori del Polo Sant’Anna Valdera della Scuola Superiore Sant'Anna, è stata collegata al sistema nervoso del paziente tramite gli elettrodi tf-LIFE, di produzione tedesca, con un intervento chirurgico avvenuto nel novembre 2008 presso il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico. In conferenza stampa, il Prof. Vincenzo Denaro, che ha guidato l’équipe in sala operatoria, ha confermato che l’operazione è avvenuta senza complicazioni e che si ha ormai la certezza, a distanza di un anno, che non ci sono state controindicazioni, come per esempio rischi legati alla biocompatibilità dei materiali utilizzati per gli elettrodi, una volta impiantati nei tessuti nervosi del paziente.

Nelle quattro settimane successive all’intervento, il paziente ha imparato a utilizzare progressivamente la mano con il gruppo di neurologi e bioingegneri dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, riuscendo a compiere tutti e tre i movimenti indicati come obiettivo della sperimentazione. I segnali trasmessi tra cervello e protesi durante il mese di sperimentazione sono stati registrati e attentamente analizzati nei mesi successivi. I risultati del progetto sono stati resi noti ora, ad analisi conclusa. Il Prof. Paolo Maria Rossini, responsabile della parte neurologica del progetto, ha sottolineato in particolare: “Il 95 per cento dei movimenti della mano biomeccatronica durante la sperimentazione erano effettivamente quelli voluti dal paziente. Il sistema si è quindi confermato estremamente affidabile, perché questo corrisponde a una protesi in grado nella vita quotidiana di muoversi, nella pressoché totalità dei casi, secondo le intenzioni della persona”.

Finanziato nell’ambito del VII Programma quadro dell’Unione Europea, LifeHand attinge a ricerche avviate fin dal 2003, nell’ambito del programma NEUROBOTICS. I quattro elettrodi impiantati (due per nervo), dotati di otto canali di registrazione/stimolazione ciascuno, sono stati analizzati dopo l’espianto dal paziente, avvenuto al termine delle quattro settimane concesse per la sperimentazione, nei laboratori dell’Istituto IBMT della Fraunhofer Gesellschaft in Germania. In conferenza stampa, il responsabile della realizzazione dei tf-LIFE, Prof. Klaus-Peter Hoffmann, ha dichiarato: “Abbiamo sterilizzato di nuovo gli elettrodi e ne abbiamo analizzato materiali e funzioni. Posso confermare che le interfacce neurali avrebbero potuto funzionare anche per un periodo più lungo di quello concesso dalle autorità sanitarie per la sperimentazione”.

“Abbiamo deciso di realizzare l’impianto degli elettrodi e la sperimentazione della mano su uomo – ha precisato Paolo Dario, Responsabile del Polo Valdera della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa – solo quando abbiamo raggiunto fondate ragioni per affermare che questo non sarebbe stato solo un esperimento nell’interesse del sapere scientifico, ma una sperimentazione in vista di una reale applicazione clinica. Per questo ho fiducia nei prossimi passi verso una protesi definitiva”.

Pierpaolo Petruzziello, il paziente di nazionalità italo-brasiliana, che ha perso l’arto superiore sinistro in un incidente automobilistico avvenuto tre anni e mezzo fa, ha dichiarato: “Sono entusiasta di essermi sottoposto a questa sperimentazione, che servirà in prospettiva non solo a me, ma anche a molte altre persone. Ringrazio la mia famiglia che mi ha spinto subito dopo la perdita della mano a cercare una strada per recuperare l’arto. Sono anche molto contento di aver potuto partecipare a questo progetto in Italia. Io vivo in Brasile, ma ho il passaporto italiano e amo questo Paese che è la mia patria”.

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