EMERGENZE UMANITARIE, GLI AIUTI ITALIANI IN NETTA CRESCITA, NON BASTANO GLI SFORZI DELLA COMUNITA’ MONDIALE: 38% NON TROVA RISPOSTE. ECCO IL RAPPORTO “VALORE DELL’AIUTO” REDATTO CON AGIRE
Gli sforzi della comunità internazionale non bastano a coprire l’enormità dei bisogni delle popolazioni colpite da conflitti e catastrofi naturali, che per oltre il 38% restano senza risposta, nonostante nel 2014 si sia raggiunta la cifra record di 24,5 miliardi di dollari, per gli aiuti umanitari. L’Italia, dopo anni di tagli, migliora e si posiziona al 14esimo posto nella classifica dei donatori globali, ma i 377,9 milioni di dollari complessivi stanziati nel 2014 risultano ancora insufficienti, restando al 12 per cento al di sotto della media dei paesi “Dac”, il Forum dei paesi donatori dell’OCSE, composta da 28 Stati e dall’Unione europea.
Gli aiuti italiani equivalgono a quanto il nostro Paese investe in 5 giorni di spese militari. Sono questi dei dati più significativi contenuti nel rapporto “Il Valore dell’Aiuto. Risorse per la risposta alle emergenze umanitarie”, la principale ricerca di “Agire”, Agenzia Italiana per la Risposta alle Emergenze presentato a Roma e redatto per il 2015 in collaborazione con la Scuola Superiore Sant’ Anna di Pisa, in particolare con il direttore dell’Istituto Dirpolis, Andrea de Guttry e con il suo team di ricerca. Il rapporto costituisce la nitida fotografia degli aiuti umanitari in Italia e nel mondo e rappresenta un’analisi complessiva dei numeri e della localizzazione geografica degli interventi, raccontando anche il ruolo dei governi donatori e dei privati cittadini in Italia e nel mondo.
Secondo il rapporto, nel 2014 l’entità dei bisogni umanitari ha subito un incremento maggiore rispetto all’assistenza fornita, raggiungendo picchi allarmanti. Il numero delle persone sfollate a causa di conflitti o di persecuzioni è pari a circa 59 milioni, mentre nel 2015 è stato superato il dato record di 60 milioni. Nel 2014 ogni giorno 42.500 persone sono state costrette a lasciare le proprie case. Ben 107,3 milioni di persone hanno subito le conseguenze di disastri naturali (10,7 milioni in più rispetto al 2013). Tra le crisi più gravi si segnalano quelle in Repubblica Centrafricana, in Sud Sudan e in Siria. Per far fronte a questa drammatica situazione i Governi hanno investito in assistenza umanitaria 18,7 miliardi di dollari (il 24 per cento in più rispetto al 2013). Il 94 per cento dei fondi è stato stanziato da paesi “Dac”, ma per la prima volta - considerando il rapporto tra assistenza pubblica e “reddito nazionale lordo - fanno il loro ingresso tra i 10 maggiori donatori Arabia Saudita, Emirati Arabi, Kuwait, tutti paesi non “Dac”.
Inoltre, si conferma il ruolo centrale dei donatori privati, il cui impegno economico raggiunge i 5,8 miliardi di dollari nel 2014. Tra il 2009 e il 2014 più di un quarto dell’assistenza umanitaria globale è stata a carico dei privati, la maggior parte corrisposta da singoli individui, le cui donazioni nel quinquennio 2009-2013 rappresentano l’83 per cento dei fondi raccolti dalle Organizzazioni non governative.
Anche in Italia si riconosce l’apporto più che significativo dei donatori privati, da cui le Organizzazioni non governative hanno ricavato in media il 55 per cento dei fondi complessivi a loro disposizione. Ma si segnala anche una buona notizia sul fronte dei fondi pubblici per l’assistenza umanitaria: rispetto al 2011 e al 2012, che avevano visto un calo assoluto, per il 2013 e per il 2014 si segnala una chiara inversione di tendenza. I fondi destinati all’assistenza umanitaria dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (link a ) nel 2014 hanno registrato un aumento di oltre il 50 per cento rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 64,5 milioni di euro. Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ha superato di 3,14 milioni di euro il contributo ai programmi umanitari fornito nello stesso anno dalle organizzazioni non governative, 61,3 milioni di euro.
“I dati rilevati – sottolinea Andrea de Guttry - sono in linea con un trend internazionale che vede un consistente aumento delle risorse investite da donatori pubblici e privati nella risposta alle crisi umanitarie. Tuttavia la gravità delle crisi umanitarie e del fenomeno dell'immigrazione hanno trovato impreparati molti stati, soprattutto quelli europei, e molte organizzazioni internazionali. Il conseguente dibattito, anche nell'opinione pubblica, è risultato spesso approssimativo e inquinato da considerazioni ideologiche. Questo rapporto, basato sulla ricerca puntigliosa e accurata di dati e sulla loro interpretazione, vuole essere uno strumento per consentire di ricondurre la discussione sulle scelte che devono essere adottate oggi ai dati reali. Soltanto così sarà possibile adottare in maniera consapevole le necessarie e urgenti decisioni – conclude Andrea de Guttry - da cui dipenderà il futuro non soltanto dei paesi del Sud del mondo, ma anche dell'Europa e soprattutto quello di milioni di persone”.
“L’apporto del settore privato, sia a livello nazionale che internazionale, è indispensabile per continuare ad assicurare interventi di risposta alle emergenze – commenta Shelly Sandall, presidente di AGIRE -. È sempre più rilevante il ruolo dei privati cittadini, cinque volte più generosi di fondazioni e aziende, come è importante la centralità dei cosiddetti “beneficiari”, sempre più protagonisti attivi piuttosto che destinatari passivi dei progetti di risposta alle emergenze. Un “filo rosso” che, da un capo all’altro del mondo, unisce persone a persone”.